La workaholism, conosciuta anche come work addiction (dipendenza da lavoro), è il termine con cui si indica il bisogno incontrollabile di lavorare. Introdotto nel 1971 da Oates, rientra nel novero delle New Addiction, insieme alla Dipendenza da Internet, Shopping Compulsivo e così via.
Si differenzia però dalle classiche dipendenze comportamentali, in quanto non si fa riferimento, come per l’uso di sostanze, al ricorso ad un agente esterno al fine di ottenere una sensazione di appagamento istantaneo, ma ad un’attività che richiede uno sforzo volto alla produzione di un lavoro o di un servizio, dietro il quale è prevista una remunerazione.
L’attività lavorativa diventa così una scappatoia cui ricorre la persona per evitare emozioni negative, relazioni o responsabilità. Nonostante il tema è dibattuto ormai da diversi anni, la workaholism, vista la sua correlazione con un’ attività quotidiana, ossia quella lavorativa, indispensabile e di interesse comune, sembrerebbe non essere riconosciuta dalla società, al momento, come un disagio patologico (Oates, 1971). Il fenomeno, infatti, nel nostro paese, risulta ancora poco conosciuto; in altri paesi come ad esempio il Giappone, il fenomeno viene identificato col nome di Karōshi ossia morte per eccesso di lavoro: è ampiamente diffuso e provoca decessi dovuti ad infarti cardiaci e ischemici, per eccessive ore di lavoro e condizioni lavorative stressanti.
I sintomi più ricorrenti nella workaholism
- Tempo eccessivo che la persona dedica volontariamente e consapevolmente al lavoro (si fa riferimento a più di 12 ore al giorno, compresi weekend e vacanze) non dovuto a esigenze economiche o a richieste lavorative.
- Pensieri ossessivi e preoccupazioni legati al lavoro (scadenze, appuntamenti, paura di perdere il lavoro).
- Poche ore dedicate al sonno notturno che crea problemi di irritabilità, aumento di peso, disturbi psicofisici;
- Impoverimento emotivo, sbalzi di umore e facile irritabilità;
- Sintomi di astinenza in assenza di lavoro (ansia e attacchi di panico);
- Abuso di sostanze stimolanti come la caffeina.
Sono diversi i ricercatori che nel corso degli anni, si sono interessati allo studio della work addiction. Una nuova e interessante ricerca è stata condotta nel nostro paese, e precisamente dall’Università di Bologna, dalla quale è emerso che “chi lavora eccessivamente e sviluppa una vera e propria ossessione per il lavoro, a lungo andare mostrerà sintomi di malessere affettivo, irritabilità, ansia, depressione e anche una pressione sanguigna troppo alta”.
Il ‘workaholism’ rappresenta una forma negativa di forte investimento nel lavoro, in cui la persona non solo lavora troppo, ma sviluppa una vera e propria ossessione per l’attività lavorativa; non riesce a staccare e prova un disagio significativo quando si allontana da essa, vivendo il riposo come un senso di colpa.
Silvio Morganti, psicologo del lavoro, che ha collaborato alla ricerca spiega: “Il problema è che colei (o colui) che soffre di bulimia lavorativa, il più delle volte non è nelle condizioni di percepire in anticipo segnali e campanelli d’allarme. Per questo motivo le figure di riferimento come partner, figli e amici più stretti possono aiutare a far riflettere e far notare il problema”.
E continua: “Bisognerebbe sviluppare una particolare attenzione all’ascolto di se stessi, così da comprendere il perché ci si annega nell’attività professionale. Questo spesso accade quando le altre sfere personali cominciano a configurarsi in termini negativi: delusioni derivanti da relazioni affettive insoddisfacenti e sensazione di non essere all’altezza dei ruoli via via ricoperti. Prova a chiederti ogni mattina, al risveglio: mi sto ricordando di essere felice?”.
Secondo Cristian Balducci, professore associato di Psicologia del lavoro, e autore della ricerca, per uscire da queste dinamiche è necessario ricorrere all’aiuto di uno specialista in possesso di competenze psicologiche/psichiatriche. Inoltre, afferma Balducci: “Alcune buone regole di time management permettono di vivere meglio: imparare a dire no, gestire al meglio la propria agenda, affrontare subito le incombenze evitando la procrastinazione ci permettono di affrontare efficacemente il carico di lavoro”.
L’aspetto più importante da considerare, come spiegano i ricercatori, riguarda il distacco psicologico dal lavoro: “Il valore degli hobby è unico. Impegnarsi in attività che insistono su risorse psicofisiche diverse da quelle spese al lavoro ci permette di rigenerarci a fondo”.
Leave a Reply