L’intenzione del MoVimento 5 Stelle è quella di portare, ex lege, la retribuzione lorda minima a nove euro all’ora. Ma l’idea, non ancora attuata, ha ricevuto secche declinazioni dai sindacati e dal mondo delle imprese, per voce di Confindustria e Confcommercio. Il presidente Vincenzo Boccia ha poi liquidato il tutto con una laconica battuta: “Non cresce, il Paese, coi salari minimi”. Anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l’Ocse, si è schierata contro, ritenendo che non sia quella del salario minimo la soluzione al mercato del lavoro italiano quale efficace mezzo di contrasto contro la povertà.
In settimana è previsto un vertice governativo con il leader e ministro dello sviluppo economico Di Maio, grande sponsorizzatore della proposta voluta fortemente dal MoVimento. Ma i problemi sono molti e dal Governo, fronte leghista, fanno sapere che la proposta, nei prossimi giorni, può cambiare. Ad obiettare a gran voce sono le imprese, che non hanno chiaro cosa sia compreso nel calcolo dei nove euro lordi orari e se questi comprendano i ratei di ferie, la tredicesima ed i TFR.
La Legge Di Maio, come è stata ribattezzata, se non avesse queste premesse rappresenterebbe una stangata assurda ed assicurata, secondo le stime del centro studi Lavoro&Welfare, presieduta dall’ex Ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Il costo del lavoro, sinteticamente, aumenterebbe fino al 18,8%. Effetto non tanto degli aumenti per le categorie retributive più basse, quanto invece per una sorta di effetto domino: l’aumento degli stipendi più bassi passerebbe da 1.310 a 1.557 euro e potrebbe creare nei lavoratori delle categorie più alte una rivendicazione per aumenti salariali tali da ripristinare le distanze parametrali originali. Gli aumenti di pochissimi lavoratori che oggi vivono sotto la soglia dei nove euro porterebbero ad un aumento delle categorie retributive oggi al di sopra della soglia del salario minimo garantito. Quella percentuale, cioè, molto più numerosa. Si creerebbe uno svuotamento dei contratti nazionali, con le aziende che, per fronteggiare l’aumento del costo del lavoro, potrebbero decidere di non applicare contrattazione, applicando solo la nuova legge. Ci perderebbero i lavoratori dal momento che i loro contratti sono lo strumento di tutela più forte per i lavoratori. Welfare aziendale, servizi di ricollocamento e formazione dei lavorati, assicurazioni sanitarie oggi sono diventate parti imprescindibili delle retribuzioni
Se il salario minimo dovesse svuotare i contratti, anche gli aumenti salariali diventerebbero più complicati. “Una vera presa in giro per i lavoratori. L’unica risposta al boccheggiante mercato del lavoro italiano consisterebbe nell’abbassamento del cuneo fiscale”, ha detto Mariastella Gelmini, presidente dei deputati di Forza Italia.
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